A tre chilometri dal paese di Pomarolo e ad una altezza di 479 metri sul livello del mare si trova il piccolo paese di Savignano che conta circa 210 abitanti. Il paese è immerso in terrazzamenti coltivati a vigneto e da qui si ha una stupenda vista su gran parte della Vallagarina. Al centro dell'abitato merita sicuramente una visita la chiesa parrocchiale risalente al 1636 e dedicata alla B.V.M. che al suo interno custodisce il capolavoro di Adamo Chiusole (pittore settecentesco) rappresentante l'Annunciazione.
Dal paese partono molti sentieri, immersi nella tranquillità dei vigneti e del bosco, che conducono in bellissime e inaspettate località, le più conosciute sono Servis, Corzem, Pulzom, Valgranda fino ad arrivare  al punto più alto, a quota 1350 metri sul livello del mare, dell'alpe Cimana.

Qualche cenno storico di Savignano
(Titolo e testo  interamente tratto da "il Comunale" n. 29 ANNO XV GIUGNO 1999, di Roberto Adami)

"La toponomastica, disciplina che si occupa dello studio dell'interpretazione dei nomi di luogo, suggerisce per il paese di Savignano un'origine che risale al periodo romano.

    In quest'epoca lontana. vaste zone del territorio conquistato dalle legioni nelle zone di confine erano spesso assegnate a valenti militari. Altre volte la proprietà era acquistata da privati cittadini romani mediante le normali procedure consentite dalla legge: acquisti, matrimoni, eredità. Mentre sempre più difficile che possa applicarsi all'area lagarina l'ipotesi di una colonizzazione ufficiale dello Stato romano.
    In ogni caso sarebbero venuti a crearsi i "fundi", o i "praedia", vaste proprietà formate dall'abitazione e da diversi appezzamenti di terreno, contraddistinti dal nome della famiglia ("gens") proprietaria. Queste unità elementari tipiche dell'organizzazione territoriale romana sono chiamate oggi con il termine 'prediali'; sono riconoscibili per la desinenza in -ano (qualche volta anche in -ana), e sembrano decisamente più diffusi sulla Destra Adige lagarina piuttosto che in altre zone del Trentino: Reviano, Mossano, Marano, Rizzana (nel comune di Isera); Pedersano, Daiano, Marcoiano, Torano (Villa Lagarina); Zendrana (Cimone); Basiano, Rampignano, Savignano (Pomarolo), tra i principali e più conosciuti.

    Nel nostro caso il territorio che si sviluppa sui fianchi della Cimana, a monte degli abitati di Basiano e Pomarolo, sarebbe stato un'appartenenza della famiglia Sabinia. Il questo modo si sarebbe formato il prediale "Sabinianum", in corrispondenza del quale, nei secoli successivi, grazie a condizioni ambientali e storiche favorevoli, sarebbe sorta la comunità di Savignano.
    Il fatto che l'origine del nome possa suggerire un'origine romana del paese non significa però che il territorio di Savignano non possa essere stato abitato, o perlomeno frequentato in epoche antecedenti. I castellieri e gli altri siti archeologici individuati nelle immediate vicinanze dell'abitato testimoniano una frequentazione continua della zona almeno dal secondo millennio avanti Cristo fino al periodo retico.
    Tornando all'occupazione romana del territorio di Savignano, possiamo vedere come la stessa sia testimoniata da alcuni elementi certi e molto significativi, e in particolare dalla necropoli tardo-imperiale di Servis (vasto pianoro abitato e coltivato soprastante il paese, dominato dalla rupe della Corona) con relativo corredo di oggetti e monete. Alcuni studiosi vorrebbero che la zona fosse stata interessata anche dalla viabilità principale, per intenderci una strada che in destra Adige collegasse il veronese al municipio tridentino. Personalmente non mi sembra verosimile che Servis, e marginalmente Savignano, fossero interessati dalla viabilità romana, perlomeno non da quella principale che doveva correre in sinistra Adige, e in ogni caso non credo si sarebbe arrampicata quassù. Per cui semmai si sarebbe trattato di una viabilità minore, di collegamento dei piccoli centri abitati romani.
    Mi sembra invece molto significativa un'altra segnalazione toponomastica: quel "Pagano" riferito al Dosso con cui termina la formazione montuosa della Cimana, della quale viene ad essere il punto più elevato (1350 m.). In questo senso è chiaro che il termine 'pagano' non ha nessuna attinenza a significati religiosi, ma si riferisce a "pagus" dell'organizzazione territoriale romana, ossia ad una di quelle vaste circoscrizioni territoriali (formate da centri abitati minori chiamati "vici" e con ampi territori indivisi, i "compascua") secondo le quali era organizzato il territorio romano delle campagne, cioè esterno dalle città. Il Dosso Pagano è il punto culminante di una zona prativa e boschiva attorno alla quale per secoli sono ruotati gran parte degli interessi delle comunità lagarine riunite nel Comun Comunale.
    Nei secoli VI-VIII il nucleo abitato sorto in corrispondenza dell'antico prediale romane viene fortemente caratterizzato dalla presenza longobarda, che si sovrappone, assimilandone parte delle caratteristiche, a quella romana.
    Si arriva così ai secoli antecedenti al mille, nel corso dei quali fanno la comparsa le prime testimonianze documentate delle comunità lagarine della Destra Adige: Villa (Lagarina) e Lenzima sono nominate nell'845; Patone (forse) nel 927 e poi nel 1014; Cesoino nel 1028. Nel XIII secolo fa la sua comparsa anche Savignano, che nel 1266 è annoverato tre le 22 ville costituenti il Comun Comunale.
    Nel 1339 Savignano, assieme a Pomarolo, Basiano, Chiusole, Grumo e Nomi, fa parte della Castellanzia di Castel Barco. Secondo il censimento ordinato in quell'anno dal Vescovo di Trento il paese è composto da 4 nuclei familiari (fuochi) per un totale di circa 20 - 25 persone, i cui capofamiglia portano i nomi di: Carlo fu Mileto; Francesca; eredi fu Giacomino; Zerino, con il fratello, fu Zafaro. Per la cronaca in quell'anno Chiusole ha pure 4 fuochi; Basiano ne ha 22 e Pomarolo 29.
    Nel 1544 Savignano ha 11 nuclei famigliari (circa 60 - 70 persone) rappresentati da: Domenico Maffei, Antonio Maffei, Peroto di Martino Pedrotti; Pietro di Donato Pedrotti, a nome del padre; Pietro di Battista Pedrotti; Francesco di Battista Pedrotti; Fabiano di Bartolomeo Pedrotti; Antonio Pedroti zoppo ("claudus"); Peroto di Fabiano; Giovani di Martino Pedrotti; Stefano Forciati.
    Da notare che il cognome Pedrotti nel documento compare sempre nella forma "Perota"; mentre il Forciati è forse il capostipite dei Battistotti, altro cognome tipico di Savignano, in quanto alla metà del'600 si trova Antonio Sforza o delli Sforciati, detto Battistotto. Il documento che riporta le famiglie sopra citate è lo statuto del Comun Comunale, riformato in quell'anno, e da esso sembra di capire che Savignano, Piazzo, Chiusole e Pomarolo formassero assieme un solo comune, però si dovrebbe chiarire se questo avveniva sempre o solamente quando l'interlocutore era la comunità generale, appunto il Comun Comunale."


Savignano comune indipendente

(Titolo e testo  interamente tratto da "il Comunale" n. 29 ANNO XV GIUGNO 1999, di Roberto Adami)

" Nel XVII secolo sembra che la comunità fosse autonoma. Lo si ricava, ad esempio, da un atto rogato dal Notaio Andrea Pedroni e datato Nogaredo, 1 giugno 1630. Con questo documento l'ufficio vicariale dei Lodron assegnano una pezza di terra "greziva et boschiva" della quantità di 328 pertiche quadrate, detta "il doso della Rova" nelle pertinenze di Savignano, a Guglielmo Marini cancelliere Castellano Castelnuovo. Lo faceva come pagamento delle mercedi e onorario che il Comune di Savignano doveva ala Marini per il processo civile celebrato tra il Comune stesso e Nicolò Pedrotti a causa di una calchera: "occasione processus civili formati inter dictum comune Savignani et magistrum Nicolaum Pedrotum super quadam calcaria".
    Facciamo un ultimo salto e arriviamo alla metà del '700 e, finalmente, al documento più volte annunciato in precedenza. I documenti, anzi, sono più di uno, tutti stesi dal notaio Pietro Fontana di Pomarolo, solo che quello del 1784, come vedremo, è decisamente il più importante, ma andiamo con ordine.
    Il 1 gennaio 1766 "nella villa di Savignano e nel spiazzo attacato alla Chiesa, luogo solito ove si fa la Regola" si radunarono quattordici capifamiglia, i quali costituivano "l'intera comunità di Savignano", e qui "legitimamente in Regola congregati, facendo a nome della medema, per se e successori" elessero e assunsero tre di loro come procuratori "all'efeto di provedere d'un Reverendo Signor Sacerdote, che debba però venire ad abitare nella loro villa, con quelle condicioni e tempo che ad essi procuratori sembrerà più proprio, come pure con quella pensione e mercede che fu altresì pagata alli altri Reverendi Signori Sacerdoti che pro tempore vi furono, ed in specie del quondam Reverendo Signor Don Domenico Manica di Castellano". Il documento ci dice dunque che in seguito alla morte di don Domenico Manica la chiesa di Savignano era rimasta senza sacerdote, e che per rimediare a questa situazione il comune decretò l'elezione di tre persone che in sua voce si accordassero con un nuovo religioso. Ci informa anche che alla metà del '700 la comunità era solita riunirsi in luogo aperto, sulla piazza antistante la chiesa, segno che essa non aveva ancora una propria casa comunale.
    Non rimase senza per molto tempo. Il 12 maggio di quell'anno, infatti, nella casa di Maria fu Domenico Maffei di Savignano, veniva steso un atto, ancora dal notaio Pietro Fontana, in base al quale la signora Maffei vendeva alla comunità di Savignano, rappresentata dal massaro Tommaso Maffei e dal giurato Domenico di Domenico Pedrotti: "una casa di muri murata, copi coperta e legnami edificata, posta nella villa di Savignano, a cui confina a mattina e mezzodì Antonio Pedrotti, a sera Silvestro Pedrotti e Bartolomeo Pedrotti, a settentrione la strada; consistente in una camera, baladore sopra, e coperto". Il prezzo veniva fissato in 100 fiorini da  potersi pagare in tre anni (dietro interesse del 5 per cento), ma versati dalla Comunità in un unica soluzione il 13 dicembre di quell'anno. Che questa casa dovesse servire da sede comunale per Savignano è intuibile, e comprovato anche dal fatto che mentre all'inizio dell'anno la Regola si era radunata in luogo aperto davanti alla chiesa, il 6 gennaio 1771, secondo un altro rogito Fontana, la stessa avvenne "nella casa di detta comunità".
    Per la cronaca il sacerdote che doveva sostituire il defunto don Manica, fu alla fine individuato dalla comunità di Savignano nel nobile e reverendo don Antonio Tartarotti di Pomarolo, che secondo l'accordo si trasferì in quel paese, dove già da tempo esisteva la canonica.
    Savignano aveva dunque all'epoca la propria sede comunale, un consiglio formato da tutti i capifamiglia del paese, un massaro e un giurato eletti di anno in anno e un proprio territorio da amministrare. Per avere la certezza che Savignano si reggesse in maniera autonoma, manca soltanto la prova che questa comunità aveva all'epoca un proprio statuto, la cosiddetta Carta di Regola. E questa prova è appunto il documento citato fin dall'inizio, il quale non è la carta di regola vera e propria, ma un'aggiunta ai capitoli della stessa, stesa nella casa comunale di Savignano il 9 dicembre del 1784, sempre dal notaio Pietro Fontana di Pomarolo. Eccone il testo.   

    Adi 9 dicembre 1974. Savignano, nella Casa Comunale, dove fu convocata la Regola more solito, dal massaro invitata. E sono comparsi l'infrascritti, presenti il Reverendo Signor don Gio. Maria Tartarotti curato, e Bartolomio Fogolari di Pederzano. 

1.  Giuseppe Mafei massaro
2.  Bartolamio qm. Bortolamio Pedroti giurato
3.  Gio q. Domenico Mafei
4.  Tomaso qm. Domenico Mafei
5.  Francesco qm. Tomaso Mafei
6.  Tomaso figlio di Gio. Mafei
7.  Gianbatta figlio di Gio.Mafei
8.  Simon qm. Tomaso Mafei
9.  Domenico qm. Domenico Pedroti
10. Cristoforo qm. Domenico Pedroti
11. Tomaso qm. Domenico Pedroti
12. Domenico qm. Domenico Mafei
13. Domenico Pedroti da Bert
14. Francesco qm. Bortolamio Pedroti
15. Antonio qm. Bortolamio Pedroti
16. Bortolamio figlio di Simon Pedroti
17. Giacomo figlio di Simon Pedroti
18. Giambatta Batistoti
19. Giacomo qm. Simon Pedroti
20. Domenico qm. Aldrighetto Pedroti
21. Fabiano qm. Simon Pedroti

    Desiderando li soprascritti Cittadini della Comunità di Savignano, per evitare gl'incomodi a quali soggiaciono col dovere intervenire per ogni micha alle Regole, di formare un Consiglio composto d'otto persone, le quali abbiano ad amministrare e regere le cose della Comunità.

    Hanno perciò stabilito ed a pieni voti conchiuso d'aggiongere alli loro capitoli detta previsione, che perciò:
    nel permesso luogo finalmente constituti l'antedetti Cittadini, che compongono la Comunità di Savignano, facendo in nome della medesima e successori, hanno stabilito e conchiuso:
 

1. Che ogn'anno nel primo giorno del mese di Genaro venghino elleti sei Cittadini, quali unitamente al Massaro e Giurato, che secondo il dolito anderano per ruota, abbiano ad amministrare e regere le cose della Comunità; qual elezione sarà fatta dalli Consiglieri vechi, e poi dala Regola approvata, o eccezionata, con scrutinio; ed in caso d'eccezione verano elete altre persone come sopra. Quali Consiglieri, Massaro e Giurato avranno ricognizione 24 per fuoco, da tutti quei fuochi rimanenti che non saranno in oficio; e questo pagamento poi sarà fra d'essi egualmente diviso. Dovrano questi prestare il giuramento in mano del Massaro vechio, di agire fedelmente le cose della Comunità, senza frode ed ingano, procurando le cose utili e tralasciando le inutili. Potrano in della ellezione esere confirmati anco di quelli dell'anno antecedente, allora quando però, non siano stato in officio due anni; né potrano ricusare questo ufficio sotto pena di Ragnesi tre per cadauna volta.

2. Che tuto ciò che verrà fato ed operato dal suddeto Consiglio sia per ben fatto, ed a quello ogn'uno debba aquietarsi, tratandosi sempre di cose stabilite nei capitoli, e non altrimente.

3.Dovrà questo Consiglio alla fine dell'anno rendere conto dell'amministrazione sua a tutta la Regola, da essere dalla stessa poi approvata, o eccezionata.

4. Sarà tutto ciò umigliato a Sua Eccellenza Reverendissima per la gratiosa approvazione.

5. L'ellezione fu fatta per questa volta in piena Regola, e furono eletti:


Domenico qm. Domenico Pedroti
Tomaso qm. Domenico Pedroti
Domenico qm. Domenico Maffei
Francesco qm. Bartolomio Pedroti
Antonio qm. Bartolomio Pedroti

Giambatta Batistoti


Petrus Fontana notarius pubblicavit.

    Ai "cittadini" di Savignano, dunque, pesava un pò il fatto che ad ogni riunione del consiglio comunale dovessero intervenire tutti i capifamiglia, anche per deliberare su questioni di poca importanza: "dover intervenire per ogni micha alle Regole", e per ovviare a questo inconveniente avevano deciso di modificare il loro statuto, introducendo la norma che per il futuro il consiglio comunale dovesse essere formato soltanto da otto persone: il massaro, il giurato e sei consiglieri. Questi ultimi sarebbero stati eletti il primo gennaio di ogni anno dai consiglieri uscenti, e poi approvati dall'assemblea dei capifamiglia (Regola). Potevano essere eletti anche per due anni consecutivi, ma poi avrebbero dovuto star fermi almeno un anno. Il consiglio avrebbe avuto ampia autonomia d'azione, ma agendo sempre "senza frode ed ingano", secondo quando era previsto nella carta di regola: "trattandosi sempre di cose stabilite nei capitoli, e non altrimente", e alla fine dell'anno avrebbe dovuto rendere conto del suo operato a tutta la Regola.
    Da notare che prima di diventare esecutive queste disposizioni avrebbero dovuto essere sottoposte al giudizio dei conti Lodron, titolari della giurisdizione: "Sarà tutto ciò umigliato a Sua Eccellenza Reverendissima per la gratiosa approvazione".
    Un altro aspetto da sottolineare è come il fatto di ricoprire una carica in consiglio, fosse quella di massaro, di giurato o di semplice consigliere, venisse all'epoca considerato un onere, più che u onore. E' chiaro che il tempo speso per il comune era sottratto al proprio lavoro e al proprio interesse, ma sembra prorpio di capire che l'elezione in consiglio fosse considerata decisamente un "incomodo", se possibile da evitare, e per la quale questa aggiunta allo statuto fissava un rimborso di 24 carantaniche ogni famiglia non coinvolta in cariche era ben contenta di pagare. In questo modo se all'epoca le famiglie di Savignano erano 21 e otto erano rappresentate in consiglio, le altre 13 avrebbero pagato 312 carantani che sarebbero stati divisi equamente tra gli otto membri del consiglio. Ognuno di essi avrebbe pertanto ricevuto 39 carantani all'anno per la carica che ricopriva, poco più di ½ fiorino (1 fiorino era costituito a 60 carantani), una somma decisamente esigua, sei volte inferiore alla pena prevista per chi non avesse accettato la carica, che era appunto di 3 fiorini.
    Un'ultima nota riguardo alla Carta di Regola di Savignano vera e propria, cui quest'aggiunta fa riferimento. Riferendoci alle altre comunità della Destra Adige sembra di poter affermare che una stesura (non necessariamente la prima) potrebbe risalire alla metà del Seicento. A questo periodo risalgono ad esempio, per restare nelle immediate vicinanze di Savignano, la stesura (si ripete, non necessariamente la prima) della carta di regola di Pomarolo (8 agosto 1648, perduta); Piazzo (1 gennaio 1653, perduta) e di Pedersano (22 agosto 1655). Ma è chiaro che questa è puramente un'ipotesi."

L'aggregazione al Comune di Pomarolo

(Titolo e testo  interamente tratto da "il Comunale" n. 29 ANNO XV GIUGNO 1999, di Roberto Adami)

    "Quando fu che Savignano cessò di essere una comunità indipendente?
    Anche in maniera intuitiva senza ricorso ai documenti, è naturale pensare che l'aggregazione del paese al comune di Pomarolo sia avvenuta agli inizi dell'800, in quel periodo di grosse riforme politiche e istituzionali iniziate dal governo austriaco (che con legge 5 gennaio 1805 aboliva le Regole, ossia le assemblee comunitarie, dichiarandole "illecite combriccole di popolo"); portate avanti dal governo bavarese (1806-1809); intraprese con maggior forza da quello napoleonico (Regno d'Italia, 1810-1814) e solo parzialmente annullate dal ritorno dell'Austria, dopo il 1815. In particolare ci sembra vada concentrata l'attenzione proprio sulla spinta riformistica del Regno d'Italia.
    In forza dell'articolo 3 del Trattato di Parigi, del 28 febbraio 1810, tra la Francia e la Baviera, Napoleone, con decreto dato a Le Havre il 28 maggio 1810, sanciva l'annessione del Tirolo meridionale al (suo) Regno d'Italia, con il nome di 'Dipartimento dell'Alto Adige', comprendente tutto il Trentino, all'infuori del Primiero, e gran parte dell'Alto Adige. La nuova organizzazione politico-amministrativo-giudiziaria venne fissata con decreto emanato a Milano il 24 luglio 1810, e con un'efficienza sbalorditiva entrò in funzione il 1 settembre di quell'anno.
    Furono attivate le Leggi italiane e il codice Napoleonico. Vennero abolite tutte le antiche Giurisdizioni feudali, il loro posto fu preso da Tribunali (nelle sedi di distretto) e da Giudicature di Pace (nei centri minori, sedi dei Cantoni). Molte piccole comunità vennero concentrate nei centri maggiori, tanto che da oltre 250 comuni del Trentino si passò a circa 100. Furono introdotti i registri di stato civile: nascite, morti e matrimoni (per questo relativamente a questi anni si ha la doppia registrazione in chiesa e in comune), e proprio l'ultimo di questi suscitò parecchio stupore, perché introduceva il concetto di matrimonio inteso prima come patto civile che come sacramento religioso. Fu riformata l'istruzione pubblica. Vennero introdotte diverse nuove istituzioni: Intendenza di Finanza, Ufficio del Registro, delle Ipoteche, Direttore delle Poste, Congregazione di Carità (che assorbì tutte le istituzioni di beneficenza fino allora esistenti), Archivio Generale Notarile; le quali rimasero in vigore praticamente fino al 1817.
    I pochi documenti archivistici consultati, relativamente a questo periodo, confermano che la soppressione del comune di Savignano e la sua aggregazione a quello di Pomarolo avvenne proprio nel 1810, in occasione dell'annessione del Trentino al Regno d'Italia e alle profonde riforme introdotte da quest'ultimo. E' curioso notare come in questa occasione, oltre alle frazioni storiche di Chiusole e di Piazzo, e al soppresso comune di Savignano, venisse incorporato nel comune di Pomarolo anche il comune di Nomi.
    Ecco la situazione politica del comune di Pomarolo nel 1810, secondo le risposte (ai primi due punti) che gli amministratori fornirono al questionario loro presentato dall'ingegner Giuseppe Cantoni, Delegato del Governo per le operazioni censuarie del Dipartimento dell'Alto Adige (Regno d'Italia), il 2 ottobre di quell'anno:

1. "Il distretto della Comune di Pomarolo comprendeva il paese di Pomarolo, la vicinia di Piazzo e quella di Chiusolo ed avevano queste comune con quella dell'amministrazione dei beni comunali. La Comune di Nomi, ora aggregata a quella di Pomarolo, era d'assoluto dominio e s'amministrava indipendentemente da questa; e così pure la vicinia di Savignano, ora aggregata alla comunità di Pomarolo.

2. Il paese di Pomarolo consta di N°. 168 famiglie, con N°. 776 abitanti; la vicinia di Piazzo di N°. 34 famiglie, con N°. 198 abitanti; la vicinia di Chiusole di N°. 50 famiglie, con N°. 235 abitanti; quella di Savignano di 29 famiglie, con N° 155 abitanti e finalmente la comune di Nomi di N°. 151 famiglie con N°. 667 abitant". (Archivio Comunale di Pomarolo, Busta: "Pomarolo-Piazzo. Searazione").
 

    Il Congresso di Vienna riportò il Trentino sotto l'Austria, la quale ripristinò in parte la situazione politico-amministrativa precedente al 1805. Con il Regolamento comunale del 26 ottobre 1819, in particolare, ricostituì i comuni sulla base della situazione esistente fino a quindici anni prima, annullando la concentrazione operata durante il Regno Italico. Nomi ritornò così ad essere comune indipendente; non Savignano, che preferì rimanere una frazione di Pomarolo e come tale risulta, ad esempio, in un atto del 9 agosto 1821.
    In seguito il paese conobbe un buon periodo socio-economico se nel 1869 si trova che esso aveva 228 abitanti, quando nel 1810, come abbiamo visto ne contava 155. Questo fatto è confermato anche dallo scarso numero di emigranti che negli anni 1870-1885 lasciarono il paese, diretti principalmente verso il Sud-America: 11 su una popolazione che nel 1885 era di 240 abitanti (4,5%). Anche le altre frazioni e il capoluogo del comune di Pomarolo non furono interessate da grosse emigrazioni: Chiusole 8 persone su 190 abitanti (4,2%), Piazzo 4 su 179 (2,2%); Pomarolo 46 su 1008 (4,6%). Di proporzioni decisamente superiori fu il fenomeno in altri centri della Destra Adige, citiamo ad esempio: Nomi, dove se ne andarono 170 abitanti su 910 (19%); Pedersano: 112 su 660 (17%); Patone: 67 su 399 (17%); Cimone: 158 su 1072 (15%); Aldeno: 226 su 1647 (14%); Castellano: 125 su 889 (14%).
    Tra Otto e Novecento la popolazione di Savignano aumentò ancora, tanto che nel 1921 la frazione contava 63 famiglie per un totale di 318 abitanti, raggiungendo probabilmente il suo apice (Pomarolo ne aveva 190 per 670 abitanti; Chiusole 33 per 161 abitanti; Piazzo 46 per 220 abitanti). In seguito invece diminuì, tanto che nel 1961 esa era di 235 abitanti, che salirono a 245 nel 1971, per poi scendere a 208 nel 1981.
    Nel 1967, con Decreto della Giunta Provinciale, la frazione di Piazzo e l'abitato di Cesoino si scorporarono dal comune di Pomarolo per essere annessi a quello di Villa Lagarina. Era il coronamento degli sforzi dei frazionisti di Piazzo che da 160 anni premevano per 'andare sotto Villa'. Curioso notare che sull'onda della clamorosa scelta della frazione di Piazzo, a Savignano iniziò a circolare, più o meno seriamente, la proposta di indire analogo referendum per staccarsi da Pomarolo ed essere aggregati al comune di Nomi!
    Il distacco di Piazzo da Pomarolo portò una riduzione del territorio comunale che passò da 1031 a 890 ettari. A proposito il territorio comunale è chiaro che qullo che amministrava la comunità di Savignano nel periodo in cui era comune indipendente era decisamente minore dell'attuale. In pratica consisteva nelle fertili campagne attorno all'abitato: Peresol, Mazueta, Campian; e nelle zone prevalentemente boschive dei Gazi, delle Coste e di Casteleri; inoltre in parte di Servis e Valgranda. Il territorio aumentò notevolmente nel 1818, quando divenne esecutivo lo scioglimento del Comune Comunale e le comunità che lo costituivano si ripartirono il territorio indiviso secondo le quote di partecipazione all'ente stesso. A Savignano toccarono parte di Servis, Pulzon (con la malga) e le Pozze. Curioso notare come il territorio di Savignano aumentasse proprio negli anni in cui questo comune cessava di essere tale.
    Una nota riguardo all'abitato. Il paese di Savignano, per lo meno in riferimento alla matrice storica, è articolato principalmente in quattro nuclei abitati disposti attorno alla Chiesa. Essi sono contraddistinti da altrettanti nomi: "il Borgo", "la Villa", "Mezzacorona" e "Bèrt": rispettivamente a sud, ad est, a nord e ad ovest rispetto alla chiesa stessa. Di questi il più recente è quello di Mezzacorona; mentre gli altri sono decisamente antichi: il toponimo Bèrt ha almeno 400 anni, perché già all'inizio del'600 è ricordata la "Via del Bèrt".
    Per concludere questo scritto due osservazioni finali.
    Dal punto di vista ecclesiastico la chiesa di Savignano, dedicata all'Annunciazione era una cappella che dipendeva dalla pieve di Villa Lagarina e risaliva agli inizia del '600. In seguito divenne beneficio e il 24 maggio 1899 espositura della parrocchia di Pomarolo. Il 4 maggio 1962 venne costituita parrocchia autonoma. Dei tempi in cui era una cappella soggetta alla chiesa di Villa, rimane oggi traccia in un toponimo: "El sentér del curàto", che contraddistingue un sentiero immerso nel bosco che da Cesoino (Maso Valletti) conduce poco a valle dell'abitato di Savignano (capitello). Secondo la tradizione questo tragitto era compiuto settimanalmente dal rettore della chiesa curata di Pedersano (da cui il nome) che si recava a Savignano a celebrare la messa.
    Il battesimo iniziò ad essere amministrato dal 1857, in precedenza i bambini venivano portati a Villa Lagarina, cosa che avvenne fino all'anno 1747 quando fu concesso il fonte battesimale alla chiesa di S. Cristoforo di Pomarolo. In tal senso si racconta l'aneddoto di quella coppia di genitori che, in pieno inverno, stavano andando a Villa a battezzare il proprio figlio e non si accorse che lo stesso era scivolato silenziosamente dalla slitta nella neve se non quando giunse alla Pieve, e dovette tornare indietro precipitosamente a cercarlo.
    Il cimitero fu benedetto solennemente dal parroco di Pomarolo, don Giovanni Battista Dalzocchio, il 5 aprile del 1869, in precedenza i morti venivano sepolti nel cimitero di Pomarolo. Il primo matrimonio in paese, infine fu celebrato con il consenso del parroco di Pomarolo, don Luigi Bolner, il 7 gennaio 1876.
    Per quando riguarda l'edificio nel 1851 venne ampliata la cappella originaria corrispondente all'attuale abside; nel 1856 venne costruito il campanile e il 29 luglio 1869 la chiesa venne solennemente benedetta dal vescovo di Trento Benedetto Riccabona. In seguito la chiesa conobbe nuovi restauri, in particolare nel 1975 e, riguardo al campanile, proprio nei mesi scorsi.
    Dal punto di vista politico Savignano, a partire dai primi secoli dopo il mille, venne a trovarsi nella giurisdizione dei Castel Barco che andava dalla sommità della montagna delle Azze (crinale Stivo-Cornetto) fino all'Adige, e dal Rio di Piazzo fino alla località Predabòt e ponte di Plantandér, località tra Aldegno e Romagnano, senza però comprendere l territorio di Nomi, che apparteneva invece ad un'altra giurisdizione. Fintanto che le giurisdizioni lagarine della Destra Adige furono feudi delle varie linee della famiglia Castebarco non vi furono grossi problemi, ma quando in quelle di Castellano e Castelnuovo il Vescovo pose i Lodron(1456), iniziò una causa interminabile tra quest'ultimi e i signori di Nomi per il possesso di una parte del territorio. Una soluzione definitiva si ebbe solo nel 1657 in base ad una convenzione secondo la quale si fissarono i nuovi definitivi confini giurisdizionali tra i due feudi. Savignano rimase compreso nella giurisdizione Lordon, la quale perse progressivamente le sue prerogative, ma venne soppressa (o meglio i Lodron rinunciarono ai loro diritti giurisdizionali) solamente nel 1842, per lascaire il posto al Giudizio Distrettuale di Nogaredo.
    Ho lasciato per ultima questa nota sulle giurisdizioni, e non l'ho approfondita più di tanto, perché non volevo che queste creassero confusione con l'istituzione comunitaria, la quale non aveva niente da spartire con esse, poiché un paese (è proprio il caso di Pomarolo) poteva anche essere diviso in tre o quattro giurisdizioni diverse, ma rimaneva ugualmente una comunità ben precisa e definita. Questo non fu compreso molto bene dagli abitanti di Piazzo che nella loro ferrea volontà di secessione pretendevano di portare con loro tutto il territorio di Pomarolo fino al Rio delle Valbone! per il motivo che quest'ultimo, in base alla convenzione del 1657, segnava il confine tra la giurisdizione Lodron e quella di Nomi. Non riuscirono nell'intento grazie ad una fiera opposizione della comunità di Pomarolo, il cui portavoce fu Giampio Adami. Così nel 1967, quando la separazione avvenne veramente, l'autorità provinciale, sulla base del lungo contendere, prose la soluzione di prendere come linea di confine il Rio San Clemente, quello che segna anche la divisione tra le Parrocchie di Pomarolo e di Villa Lagarina.
    A proposito, anche quella divisione avvenne dopo una lunga lite, alla fine del Settecento..., ma questa è un'altra storia".


Nota bibliografica e archivistica

(Titolo e testo  interamente tratto da "il Comunale" n. 29 ANNO XV GIUGNO 1999, di Roberto Adami)

    "La bibliografia su Savignano è praticamente inesistente.
    L'unico scritto che a tutt'oggi fornisca, pur brevemente, una descrizione di questa comunità, è rappresentato dalle quattro paginette scritte dalla maestra Gina Adami nell'immediato dopoguerra (1951), in occasione dell'inaugurazione del nuovo tracciato della strada Pomarolo-Savignano: "Savignano: inaugurandosi la nuova strada: maggio 1951". Alle quali possiamo aggiungere anche la pagina che gli dedica Aldo Gorfer nella sua guida: "Le Valli del Trentino" (1959 e poi 1977), vero 'breviario' per chi vuol conoscere la nostra provincia.
    Per il resto Savignano è considerato solo come toponimo (di origine romana) nelle diverse opere e nei saggi che trattano della toponomastica lagarina e trentina in generale.
    Qualche notizia più estesa si può trovare nelle pubblicazioni relative ai rinvenimenti archeologici di Servis, a partire dall'ormai 'mitico': "Romanità e Medioevo nella Vallagarina" di V. Chiocchietti e P. Chiusole (1965); ai saggi: "Zone archeologiche lagarine - Primo contributo " di V. Chiocchietti (1964), "Segnalazioni di un castelliere sulla Corona di Sachiel" di G. Zanolli (1968) e "Romanità di Savignano: la necropoli tardo-imeriale di Servis" di A. Rigotti (1975).
    Pochissimi cenni si trovano negli scritti di Gualtiero Adami, come ad esempio in: "Qualche ricordo di Pomarlo: antico, ameno villaggio della Valla Lagarina, sulla strada destra del fiume Adige, dal passato glorioso" (1967). Di scarso aiuto sono le pubblicazioni di E. Martinelli: "Guida pratica del comune di Pomarolo, Chiusole e Savignano" 1983 e "Il fascino discreto di Pomarolo in Valle Lagarina"(1996), che riportano molte notizie prese da altri autori. Mentre sicuramente più proficua può risultare la lettura di due cataloghi (di altrettante mostre) pubblicati a cura dell'Associazione Comun Comunale Lagarino: "Jus regulandi bona momunia" 1991 e "Dalle radici della storia" (1996), il primo di taglio storico-istituzionale, il secondo sostanzialmente archeologico.
    L'affermazione che in passato Savignano fosse un comune indipendente è confermata da Giampio Adami alle pagine 51, 60 e 74 del suo: "La lite fra Piazzo e Pomarolo per divisione di territorio catastale (sic!) e costituzione del primo a Comune autonomo" (1886). La cosa è invece completamente ignorata da Albino Casetti nella sua, pur preziosissima: "Guida storico-archivistica del Trentino" (1961), la quale segnala puntualmente gli altri comuni storici della Destra Adige soppressi: Castellano (1929), Pedersano (1929), Sasso-Noarna (1929), Marano (1928), Reviano-Folas (1928), Patone (1928) e Lenzima (1928); ma considera Savignano soltanto come frazione di Pomarolo.
    Per quanto riguarda le fonti d'archivio si ripete che non è stata fatta nessuna ricerca specifica, se non lo spoglio di alcuni protocolli notarili dei notai Pietro Fontana di Pomarolo e Andrea Pedroni di Nogaredo (Archivio di Stato di Trento, Archivio Notarile, Giudizio di Villa Lagarina). E' chiaro pertanto che un futuro approfondimento della questione non può prescindere da un'indagine ben più scrupolosa in questo fondo e, soprattutto, nell'Archivio Comunale di Pomarolo, in questa sede utilizzato solo marginalmente attraverso alcuni appunti e note prese in altra occasione".

Ancora di Savignano Comune indipendente

(Titoli e testi  interamente tratto da "il Comunale" n. 32 ANNO XVI DICEMBRE 2000, di Roberto Adami)

    "Sul numero 29 (giugno 1999) della nostra rivista, ho riportato alcune notizie di quando Savignano era un comune indipendente, che si amministrava cioè in maniera autonoma rispetto a Pomarolo. In quell'occasione ho prodotto un documento (steso a Savignano nella casa comunale il 9 dicembre 1974), che rappresenta l'aggiunta di alcuni capitoli allo statuto comunale allora vigente, la cosidetta 'Carta di Regola', ipotizzando che una stesura della stessa potesse risalire alla metà del Seicento.

    In seguito mi è capitato di trovare, tra i manoscritti dell'Archivio Lodron (fondo archivistico custodito presso la Biblioteca Civica di Rovereto), un interessante documento che permette di correggere, o comunque fare alcune precisazioni a riguardo. In base a questo atto (la cui segnatura, secondo il sistema di catalogazione adottato dagli indimenticabili Valentino Chiocchetti e Pio Chiusole, é: "3.51.12.82") si può affermare che una prima stesura della carta di regola di Savignano può forse risalire alla metà del Seicento o anche a periodo precedenti, ma che l'unica stesura certa, testimoniata dagli atti, risale al 20 settembre 1722. Ma andiamo con ordine e vediamo cosa ci racconta il nuovo documento trovato.

Il signor Gio Batta di S. Nicolò si rifiuta di assumere la carica di massaro di Savignano

   Il 5 novembre 1808 veniva presentata presso il Giudizio Feudale (Lodron) di Castellano e Castel Nuovo (protocollo politico N. 2628), che aveva sede nel Palazzo Lodron di Nogaredo, una supplica della comunità di Savignano del seguente tenore:

    "Nogaredo li 5 novembre 1808.

    Supplica della Comunità di Savignano affine sia costretto il signor Gio Batta di S. Nicolò, cittadino e possessionato di Savignano, ad assumere l'Ufficio di massaro comunale, a lui spettante in forza del consueto rotollo.

    I Capitoli comunali della Comunità di Savignano, sanzionati da legittima autorità fino dai 27 maggio 1972, e che tutt'ora sono vigenti, prescrivono che nel primo giorno di cadaun anno si debba in publica regola fare il solito Massaro, che governi e manegi l'interessi della Comunità; e che ogni casa della Villa di Savignano sia tenuta a fare, o per altra persona sufficiente far fare tale Ufficio di massaro, in ordine al rotollo di cadauna casa.

    Le vigenti Leggi prescrivono che invece del primo giorno di gennaio, sempre praticati, spetta l'Ufficio di massaro al signor Gio Batta di Sant Nicolò di Roveredo, cittadino e possessionato de stabili e casa in Savignano; il medemo ricusa d'assumere tale Ufficio, ed anco di farlo eseguire da terza persona, allegando frivole ragioni.

    La Comunità non può sorpassare un tale disordine, che renderebbe inreparabile scandalo presso altri Cittadini possessionati di Savignano, ed abitanti altrove.

    Per il che il sottoscritto d'ordine della sua Comunità supplica questo Giudizio Feudale a costringere il detto signor Gio Batta di Sant'Nicolò ad assumere tale Ufficio di massaro, o far quello supplire d'altra persona in suo nome.

    Il sottoscritto esibisce ad inspezione il capitolo 28 della Capitolata comunale.

    Umilissimo, fedelissimo ed obbedientissimo

            Bortolo Pedroti atuario della Comunità di Savignano d'ordine"

    La questione era dunque abbastanza semplice: il signor Giovanni Battista di San Nicolò, di nobile e ricca famiglia roveretana (risiedeva nella contrada del Borgo di S. Tommaso, attuale via S. Maria, ma i nobili Sannicolò, il cui predicato era qello di "Stachelberg", possedevano anche il palazzo al Malcanton, presso la chiesa di S. Marco, riconoscibile dallo stemma 'al cervo'), si era fatto cittadino di Savignano, paese nel quale possedeva casa e terreni, al fine di godere dei privilegi derivanti a chi apparteneva a quella comunità (diritti di pascolo, di taglio della legna, ecc.). Ricusava però di assumere la carica comunale di massaro, che, in base all'art. 28 della carta di regola di Savignano, gli spettava per turno ("rotolo"). Non solo, poiché sarebbe stato abbastanza comprensibile che egli avesse rifiutato di ricoprire personalmente tale incarico, ma si rifiutava pure di trovare (pagare) una persona che lo sostituisce nel compito, il che è senz'altro meno comprensibile, anche perché non siamo a conoscenza della sue "frivole ragioni".

    Il Giudizio Feudale Lodron protocollò questa supplica, che non è scritta, ma solo controfirmata dal segretario comunale di Savignano (l'"atuario" era colui che redigeva gli atti comunali, il cancelliere, oppure se vogliamo fare un paragone con gli uffici moderni, appunto il segretario), la cui grafia molto incerta ci fa senz'altro pensare che ben difficilmente egli avrebbe saputo scriverla in maniera corretta di proprio pugno; e poi la spedì all'autorità politica da cui dipendeva, cioè al Giudizio Distrettuale di Rovereto, che in questo periodo, siamo nel 1808, cioè proprio un ano prima della famosa rivolta di Andreas Hofer, non era un organo periferico dello stato austriaco, bensì della Baviera (il Trentino fu annesso al regno di Baviera dal 1806 al 1809).

    Il funzionario sostituto del Regio Giudice Distrettuale bavarese di Rovereto, signor de Hafner, fece a sua volta protocollare la supplica del suo ufficio (numero di protocollo politico 3209 di data 7 novembre 1808, in due giorni la supplica era passata dalle mani di chi l'aveva scritta all'Ufficio statale competente) e poi la notificò al signor S. Nicolò, dandogli tempo 8 giorni per le sue controdeduzioni.

    Il 28 novembre 1808 il Regio Bavaro Giudizio Distrettuale di Rovereto, sempre nella persona del de Hafner, rispediva la supplica all'Ufficio Feudale di Nogaredo (per questo oggi si conserva nell'Archivio Lodron) con la richiesta di ulteriori informazioni: "se l'attuale conduttore Giovanni Battista Santo Nicolò possieda casa propria, o faccia fuoco separato".

    A questo punto si perdono le tracce di questa pratica, anche perché abbiamo a disposizione sol parte del materiale archivistico, e per giunta proveniente da uno solo dei tre enti coinvolti (Giudizio Lodron). Non sappiamo quindi come andò a finire la questione, chi l'ebbe vinta.

Teniamoci la curiosità e dedichiamo invece la nostra attenzione all'atto allegato alla supplica stessa, quel capitolo 28 dello statuto, che il segretario comunale di Savignano aveva esibito "ad inspezione".


La Carta di Regola di Savignano: 20 settembre 1722


    La pretesa della Comunità di Savignano affinché il signor S. Nicolò assumesse la carica di massaro, si fondava dunque sul capitolo 28 (rafforzato dal capitolo seguente) della carta di regola di Savignano, capitolo che il segretario pensò bene di allegare alla sua supplica. In questo modo oggi noi non abbiamo l'intera carta di Regola, ma un estratto, esattamente la parte iniziale, i capitoli 28 e 29 e la sottoscrizione del notaio rogante (il resto del testo è sostituito dalla formula "omissis"), elementi sufficienti comunque per testimoniare una stesura dello statuto comunale di Savignano risalente al secondo decennio del Settecento. Ecco il testo dell'allegato:

 "Copia

   In Cristi Nomine.

    Correndo l'anno doppo la Sua Santissima Natività 1722, indizione 15, in giorno di domenica li 20 del mese di settembre, nella villa di Savignano, valle Lagarina, diocese di Trento, e nella pubblica strada fuori della porta della venerabile Chiesa di detta villa e luogo. Presenti li domini Pietro Cattarini di Val d'Anone abitante al presente in Villa in casa Marzani, Ambrosio Villi di Villa e Gio Batta figlio del domino Mattio Piffer di Pomarollo, testimoni pregati e chiamati.

    Omissis.

    28. Statutiamo ed ordiniamo, che ogn'anno nel giorno della Circoncisione di Nostro Signore, che sarà il primo giorno dell'anno, si debbi in pubblica Regola fare il solito Massaro, che governi e manegi l'interessi della loro Comunità, e che ogni fuogo e casa di detta villa sii tenuta ed obbligata a fare, overo per altra persona sufficiente far fare tall'Ufficio di Massaro, in ordine del rodollo di cadaun fogho e casa; e che a tall'Ufficio non si debbi admetere alcuna persona forestiera, con dechiaratione innoltre, che il Massaro vecchio prima di cavarsi da tall'officio, debbi in pubblica regola, alla presenza del Massaro nuovo, rendere esato conto, si del speso, che del cavato a favore della suddetta Comunità di Savignano per tutto il tempo del suo officio.

    29. Statuimo ed ordiniamo che se alcuno si volesse levar fuori del Comune per non fare le funcioni suddette, che se gli aspetano, sarà tenuto ed obbligato quel tale a restituire alla nostra Comunità tutto l'utile che n'averà conseguito sino al presente.

    Omissis.

    Ego Jospehus Pasinus de Marzadris, iuris utriusque doctor, publicus imperiali auctoritate notarisu, premissis omnibus et singulis interfui, eaque rogatus fideliter scripsi et publicavi; in quorum fide omni etc. Ad Laudem Dei Domini Virginisque Mariae".

    La stesura della carta di regola di Savignano (relativamente alla quale abbiamo una testionianza documentaria) avvenne dunque nel giorno di domenica 22 settembre 1722, a cura del notaio Giuseppe Pasini de Marzadri di Pomarolo. Era costui un dottore in legge, appartenente ad una delle più rinomate famiglie di Pomarolo (il palazzotto Pasini, passato in seguito alla famiglia Dadò, è l'attuale residenza Concaverde); fratello del rettore don Ferdinando, l'artefice della ricostruzione della chiesa di Pomarolo, e di Margherita, madre dell'abate Adamo Chiusole. Di questo notaio, purtroppo, sono conservati oggi pochi atti nei registri di archiviazione dei notai (fondo Archivio Comunale Antico di Rovereto presso la Biblioteca Civica); non abbiamo più, invece, i protocolli originali, nei quali avremmo potuto trovare anche la nostra carta di regola. Accontentiamoci dunque, per ora, di questo estratto.

    Nel congedarmi un'osservazione finale. Già nell'articolo precedente avevo avuto modo di sottolineare come il fatto di ricoprire una carica comunale fosse considerato all'epoca non tanto un onore, quanto piuttosto un onere. Ebbene mi sembra che anche alla luce di questi nuovi documenti la cosa sia pienamente confermata. Oltre al rifiuto del Signor S. Nicolò di Rovereto, anche solo a farsi rappresentare da un'altra persona nella carica di massaro, è molto significativo in tal senso il capitolo 29 dello statuto comunale di Savignano, dal quale sembra di poter ricavare che all'epoca vi fosse chi, pur di non rivestire cariche comunali, fosse pronto addirittura a "levarsi fuori dal Comune", da cui la norma statutaria che in questo caso "sarà tenuto ed obbligato quel tale a restituire alla nostra Comunità tutto l'utile che n'averà conseguito sino al presente".

    Alla luce di queste considerazioni non è difficile capire perché negli anni immediatamente successivi al 1815, quando il Congresso di Vienna restituì il Trentino all'Austria e Savignano ebbe la possibilità di ricostituirsi comune autonomo (regolamento comunale del 26 ottobre 1819), prerogativa toltagli momentaneamente dal Regno d'Italia di Napoleone (1810-1815), la comunità preferì rimanere aggregata a Pomarolo, e di Savignano comune indipendente non se ne parlò più".